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Indagando sulla percezione del rischio su di un campione di 2650 esperti di 89 paesi, il sondaggio Allianz Risk Barometer rivela che, in Italia, la più grande preoccupazione è rappresentata dai rischi informatici (52%). La minaccia cyber continua a crescere, alimentata da attacchi ransomware sempre più frequenti, dall’utilizzo di nuove tecniche di estorsione sempre più sofisticate, e dalla costante spinta verso digitalizzazione e smart working, i quali necessitano di una maggiore attenzione alla sicurezza delle reti. Qualsiasi azienda è una potenziale vittima, che, in caso di attacco informatico si troverà a fronteggiare non solo danni materiali e diretti, ma anche un eventuale danno reputazionale.

I rischi cyber rappresentano una delle fonti di Business Interruption, che figura al secondo posto (45%) nella classifica. La pandemia, un’altra delle voci presenti nella classifica (16%), ha evidenziato la fragilità del sistema delle supply chains e la complessità dei rischi che possono arrestare o minare l’integrità delle catene di approvvigionamento e delle reti di produzione, mettendo al contempo in luce l’importanza di costruire una strategia di resilienza. Dove le aziende dichiarano di essersi adattate ad uno scenario emergenziale come quello della pandemia, la sicurezza informatica rappresenta invece un elemento non ancora chiaramente inquadrato nella costruzione di un business continuity plan, con strategie non ancora adeguatamente sviluppate.

Le catastrofi naturali costituiscono un rischio ben più conosciuto e concreto in uno scenario di business interruption, ma, data l’intensificazione di fenomeni metereologici sempre più violenti e frequenti, occupano il terzo posto (33%) nella scala dei rischi che le aziende temono maggiormente. Preoccupano gli effetti di eventi atmosferici influenzati dal cambiamento climatico, nonché la necessità di adattarsi ad uno scenario di transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e gli obblighi normativi che ne conseguono.

Il cambiamento dello scenario legislativo (23%) è un altro degli elementi di rischio che desta preoccupazione, e, nel contesto del climate change, esso influenzerà principalmente l’approccio delle aziende verso la tecnologia, l’approvvigionamento di risorse, e la sostenibilità.

Al quinto posto, a pari merito (16%), troviamo la pandemia, il cambiamento dei mercati e un nuovo rischio, il “richiamo prodotti – mancanza di qualità – difetti seriali”. Seguono subito dopo, entrambi all’ottavo posto (13%), il cambiamento climatico e il danno reputazionale o d’immagine. A chiudere la classifica è un altro nuovo rischio, “i cambiamenti nello scenario macro-economico” (10%).

Gli sconvolgimenti degli ultimi due anni e la più recente crisi russo-ucraina hanno portato in primo piano l’importanza di costruire una strategia che tenga conto dei rischi nella loro totalità e interconnessione, adottando soluzioni che considerino tutte le possibili variabili secondo un approccio olistico. Diventa sempre più fondamentale per le aziende avere un framework di riferimento da definirsi attraverso una concreta attività di “risk management”.